Il patrimonio storico e artistico/
La passione per la ricerca storica ha avuto per me, fino dagli inizi, lo scopo di far conoscere – in particolare ai giovani- la realtà antica e meno antica del nostro centro e del suo territorio, le sue trasformazioni nei secoli e aspetti e vicende della comunità: far conoscere e far amare, e quindi difendere e mantenere il patrimonio prezioso che ci è stato tramandato, in cui è il segno delle nostre origini e della nostra identità.
Dal discorso di Fedora alla consegna del “Premio città di Budrio”, 1995
L’amore di Fedora Servetti Donati per la ricerca sul proprio territorio e la propria comunità non poteva non coinvolgere le opere architettoniche e i manufatti sorti nel tempo a Budrio e dintorni.
Questi edifici, dalle umili dimore ai ruderi, ai piccoli monumenti dimenticati, alle mura, ai palazzi e alla chiese, erano per Fedora delle tracce fondamentali per ricostruire il passato budriese.
E gran parte del suo lavoro di ricostruzione storica trova in queste tracce un filo conduttore che permette di raccontare le vite di donne e uomini, non solo delle classi dominanti, ma anche dei più deboli, della gente che solitamente non aveva storia.
È il caso, ad esempio, di un piccolo “monumento” che sorge in via San Vitale a Budrio, che reca un’ epigrafe: “A comodo del pubblico Emilio Loup fece fare l’anno MDCCCLVIII”.
Fedora si imbatte in un documento d’archivio, che riguarda proprio questo piccolo manufatto, attraverso il quale riesce a ricostruire la storia di un interessante esperimento da parte del giovane ingegnere svizzero Emilio Loup – trasferitosi a Bologna agli inizi dell’800 – di modernizzazione dell’agricoltura, in cui si progetta un insediamento agricolo basato su tecniche innovative e su una moderna organizzazione della comunità produttiva di quella zona. Il piccolo monumento faceva parte di quell’esperimento: si trattava infatti di una fontana fatta costruire da Loup per la comunità che permettesse di dissetare i contadini e di rinfrescare i prodotti caseari che vi si fabbricavano.
Ma sono tanti altri gli indizi che permettono a Fedora Servetti Donati di riportare in vita le vicende del patrimonio storico artistico budriese e di collocare nel tempo e nello spazio molte opere pittoriche e architettoniche che fino ad allora non si erano potute identificare: dipinti, come quello raffigurante Gaspare Golinelli, che Fedora identifica attraverso un minuscolo cartiglio che tiene in mano e di cui riesce a ricostruire la storia mediante l’atto di battesimo trovato nella Parrocchia di san Lorenzo a Budrio; ma anche chiese ed oratori, per lo più scomparsi o in rovina che ritrovano la propria collocazione e la propria storia; palazzi, di cui ricostruisce le vicende e, spesso, segnala la decadenza o, viceversa, i preziosi contenuti, come il teatro, la pinacoteca e i tanti edifici pubblici.
Con la lente d’ingrandimento, le carte d’archivio e la bicicletta, Fedora ricostruisce passo passo la storia del patrimonio budriese; questo le è valso il titolo di “ispettore onorario per i beni ambientali e architettonici per Budrio, Castenaso, Minerbio”, e a lei va il merito di averne arricchito la conoscenza valorizzandolo. Oggi, attraverso le immagini del presente, con gli strumenti che ci ha lasciato possiamo intraprendere un viaggio nel passato e saperne di più su quello che vediamo intorno a noi.
L’impegno di Fedora per salvaguardare le nostre istituzioni culturali si manifesta anche nei numerosi appelli e segnalazioni alle Amministrazioni e alla Soprintendenza, appelli non sempre ascoltati nell’immediato, ma che davano nel tempo i loro frutti. Così fu per il Palazzo Boriani Dalla Noce, di cui denunciò fin dal 1970 il crescente degrado, e nel 1980 il Comune ne intraprese il restauro per porvi la sede della biblioteca. Ed anche per la Pinacoteca. Il suo primo “grido di dolore” per la situazione della Pinacoteca, fu una lunga lettera del novembre 1981 all’Amministrazione comunale, perché si impegnasse a riaprire la quadreria che l’Inzaghi aveva donato perché “fosse di decoro e di onore a Budrio e i Budriesi potessero usufruirne” – chiusa per restauri da sei anni. Ci vollero altri anni di attesa, ma finalmente nel 1989 ci fu una bella risposta: con l’impegno congiunto della Regione, della Soprintendenza, dell’Istituto dei Beni culturali, accanto all’Amministrazione comunale, la Pinacoteca poté riaprire con un allestimento e una struttura rinnovata. Era il 16 dicembre 1989: per Fedora fu un giorno di festa. Lo stesso accadde per il Palazzo Medosi-Fracassati, su cui aveva scritto in più libri, segnalando anche con lettere alle autorità la necessità di conservarlo. Oggi lo possiamo ammirare nell’esemplare restauro curato dal Comune tra il 1989 e il 1994.
Sezione in costruzione.