Le comunità, le forme associative, le idee/
Spesso i toponimi della campagna, dove le mutazioni sono meno frequenti che nei centri urbani, rispecchiano la realtà antica del paesaggio e sono evocatori di eventi lontani e di un mondo scomparso. Cosi è per il nome Boscosa, mantenuto oggi da una strada e da una tenuta del Molinellese, in una zona che per otto secoli appartenne alla Comunità di Budrio e fu il nucleo primigenio di quell’istituzione che fino all’Ottocento era un quid unum col Comune stesso.
Fedora Servetti Donati, Budrio, storie, luoghi, tradizioni e personaggi. Articoli 1979-1997, Costa ed., Bologna, 2024.
Una parte importante del lavoro di ricerca di Fedora Servetti Donati è dedicato alla storia delle comunità, alle forme che esse assumono nel tempo, sia dal punto di vista dell’organizzazione economico sociale sia da quello delle forme associative che hanno contribuito a costruire l’identità del nostro paese.
E partendo proprio dai toponimi della campagna, come prima traccia che le consente di ricostruire un contesto e una storia, Fedora ci riporta ad un filo rosso che caratterizza la storia di Budrio e delle evoluzioni delle comunità. A cominciare dalla Partecipanza, o “Consorzio dei Partecipanti”. La nascita di questa istituzione ci fa risalire al primo secolo dopo il Mille, quando Budrio è un piccolo borgo circondato da mura, con due porte, collegate da una strada, e, nel centro, la chiesa di San Lorenzo, come appare descritto in un documento del 1146. Agli uomini di Budrio, riuniti in “consorzio”, da grandi feudatari viene concesso in enfiteusi collettiva (una specie di affitto) o in donazione (secondo la leggenda da parte di Matilde di Canossa, proprietara qui di molte terre) un ampio territorio, denominato “Boscosa”, con l’obbligo di “coltivare, migliorare, lavorare, bonificare” terreni paludosi e coperti da selve. E questo gli “uomini di Budrio” fecero, generazione dopo generazione, rendendo queste terre produttive. E lo fecero associandosi per un lavoro collettivo, a vantaggio di tutta la comunità, come successse in altri sette centri emiliani. La Partecipanza fu importante nella storia budriese; aveva il suo stemma e fino all’epoca napoleonica fu un tutt’uno col governo comunale: le rendite della Boscosa servivano per le necessità del Comune, solo quello che rimaneva era diviso fra i partecipanti. Fu il “Consorzio dei Partecipanti” a comprare nel 1802 il Teatro – che da allora si chiamerà “Consorziale”. E furono ancora loro che lo restaurarono e lo riaprirono al pubblico dopo i danni della prima guerra mondiale. Nel 1820-22, nella via dove sorge il teatro (oggi via Garibaldi) i Partecipanti, divenuti proprietari di alcuni stabili, li unirono formando un unico vasto palazzo. Qui collocarono, nel 1824, la preziosa collezione di quadri che il capitano Domenico Inzaghi lasciò loro in eredità e che costituirà il primo nucleo della Pinacoteca Civica. La Partecipanza fu sciolta nel 1931 e i suoi beni passarono al Comune.
Ma la tendenza ad associarsi per raggiungere un bene comune – il nostro filo rosso – raggiunge il suo apice nell’Ottocento, in particolare dopo l’Unità (1861). Budrio ha partecipato attivamente alle guerre d’indipendenza con molti uomini ispirati da Quirico Filopanti (Giuseppe Barilli, 1812-1894, patriota, scienziato, filosofo, storico,uomo politico), ma nel periodo post-unitario, in paese come nel resto d’Italia le condizioni sociali delle classi meno abbienti sono peggiorate per l’imposizione di nuove, pesanti tasse, come quella sul macinato, e dall’aggravarsi di una profonda crisi sociale ed economica. Come risposta a tale situazioni, nascono numerose associazioni e movimenti popolari, È un fenomeno nazionale, ma Budrio fu tra i primi centri del movimento associativo della Bassa bolognese: tra il 1860 e il 1890 ne troviamo attive in paese molte, con alcuni temi comuni, come la diffusione dell’istruzione e il “progresso del popolo”, ma differenziatesi poi per posizioni politiche. Ne citiamo solo due, le prime: la Società Operaia di Mutuo Soccorso, di ispirazione mazziniana, che fra i soci aveva borghesi artigiani e operai (1861) e la Società Liberale (1864), espressione della borghesia progressista. La Società Operaia di Mutuo Soccorso, in particolare, ebbe importanti sviluppi, con l’appoggio sempre di Filopanti, che, pur eletto alla Camera a Roma, seguiva con partecipazione le vicende budriesi. Nel 1877 fu fondata una sezione femminile che si batteva per far accedere all’istruzione anche le donne. Fu presieduta a lungo da Gismunda Redditi Menarini, donna impegnata fortemente nella società budriese Lottare contro l’analfabetismo e promuovere l’istruzione fu uno dei cardini della Società operaia, che istituì scuole serali per lavoratori, necessarie per poter esercitare il diritto di voto.
Nel 1884 la Società Operaia creò l’Associazione fra gli operai braccianti del mandamento di Budrio – Comuni di Budrio e Molinella: la prima cooperativa di produzione e lavoro del Bolognese, con la finalità di “infrangere lo sfruttamento dei braccianti e operai con l’assunzione in proprio di lavori pubblici e privati, assicurando ai lavoratori tutto l’utile della loro fatica”. Vi partecipavano esponenti di tutte le correnti politiche, ma sarà solo nel 1898, quando per statuto verranno ammessi unicamente gli operai e i braccianti, che la sua opera diventerà pienamente efficace, con la partecipazione alle grandi imprese di bonifica, anche fuori provincia. La Cooperativa si assunse anche opere di edilizia pubblica, di grande impatto sociale, come le Scuole elementari di Budrio e frazioni; il Sanatorio; il padiglione malattie infettive dell’ospedale “Donini e Zogolari” e il Lazzaretto comunale per malattie infettive, alle Creti. Sostenne le agitazioni operaie e bracciantili tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento: i grandi scioperi di braccianti e mondine, come quello dell’estate 1900 per migliorare i salari e le condizioni di lavoro. Scioperi ripetuti negli anni successivi, con tensioni e conflitti di classe divenuti ancora più forti nel primo dopoguerra. Anche a Budrio il movimento socialista aveva acquistato sempre più forza fino alla sua piena affermazione nelle elezioni amministrative del 1920, dove ottenne la totalità dei seggi. Ma l’avvento del fascismo bloccò l’opera del movimento cooperativo: organizzazioni, donne e uomini socialisti furono oggetto di attacchi e aggressioni.
I motivi ideali che li avevano spinti ad “associarsi per il bene comune” sono ora gli stessi che li spingono a reagire alla violenza fascista e, attraverso la Resistenza, a portare a compimento il cammino per la democrazia.
La rivolta contro la tassa sul macinato (1869).
Dopo l’Unità, a Budrio, come in tutta la provincia bolognese, si aggrava la crisi nel settore della canapa, diminuisce il lavoro e scarseggia la possibilità di occupazione, mentre i prezzi aumentano. La condizione dei contadini, dei braccianti, degli operai diventa più misera: il cibo è scarso, la malaria dalle vicine risaie imperversa e spesso le si accompagna la pellagra, la malattia figlia della miseria. D’inverno si vedono ragazzi, e non solo, chiedere l’elemosina di un pezzo di pane: la fame fu una realtà tremenda anche nelle fertili campagne budriesi. …Tanto più odiosa perciò fu la tassa sul macinato imposta nel gennaio1869, la tassa sulla fame, che diede origine a una vera e propria rivolta. A Budrio il tumulto ha inizio il 3 gennaio. E’ domenica, quando l’alba rischiara il cielo, la piazza è già piena di gente, in gran parte contadini e braccianti… I dimostranti vogliono che la giunta esca dal Comune , raggiunga i mulini, li faccia aprire e ordini ai mugnai di macinare senza esigere la tassa… Si va al Mulino della Riccardina, della Partecipanza, ma presto cominciano gli scontri con la forza pubblica chiamata dal Delegato di sicurezza. Le campane continuano a suonare a stormo anche il giorno dopo, quando la rivolta continua e incomincia la repressione con gli arresti. … La mattina del 6 gennaio, fuori dal Castello, sulle mura antiche appare a grandi lettere questa scritta d’ingiuria ‘Bologna carogna’.
Fedora Servetti Donati, Movimenti e associazioni popolari a Budrio dopo l’Unità, Tamari ed., Bologna, 1974.
Alle cinque del 18 dicembre 1894, all’Ospedale Maggiore di Bologna, muore Quirico Filopanti. A Budrio, davanti al feretro, sfilano la Società Operaia, l’Associazione Liberale, la Cooperativa Operai Braccianti, i rappresentanti della Congregazione di Carità, del Consorzio dei Partecipanti; quel popolo che Filopanti ha amato è tutto intorno a lui. Il pellegrinaggio di gente che va a salutare le sue spoglie dura ininterrotto fino a venerdì, quando avviene il trasporto e la tumulazione al cimitero.
Ricordate, socie operaie, che ognuna di voi, per quanto modesto, umile sia l’ufficio che compie nel mondo, può fare e molto per il bene comune.
Allora soltanto, impegnandoci, potremo dire di non avere vissuto inutilmente. Incitate dunque le vostre compagne ad entrare nel nostro sodalizio.
Dite loro che la donna non perde nulla della sua femminilità associandosi in nome del lavoro, della previdenza, del mutuo soccorso, dell’istruzione.
Corinna Testi, Parole nel XX Anniversario della fondazione della Società Operaia Femminile di Mutuo Soccorso di Budrio, 27 giugno 1897.
Corinna Testi Pescatori, prima direttrice dell’Asilo infantile, infaticabile animatrice della Sezione femminile della Società operaia e della vita culturale budriese. Negli anni Venti del Novecento fondò anche una “Scuola serale di disegno per lavoratrici e lavoratori”.
Documenti ritrovati, memorie, parole di gente vissuta allora, dette ai figli giovinetti che ora, divenuti vecchi, le ripetono a me che pazientemente ho chiesto, mi hanno delineato un’immagine di Budrio ben diversa da quella a cui la facile retorica tradizionale ci aveva abituati. Composte le tessere del mosaico con rigore e rispetto, sulla base anche di documenti in gran parte inediti, ho visto apparire il volto di una gente che ha lottato e sofferto un’esistenza quotidiana di fatica, pagando duramente ogni conquista. Lotte che ebbero un ruolo determinante nel cammino del paese verso la democrazia.
Sezione in costruzione.